Il tempo delle mappe cartacee è ormai passato. Solo i
nostalgici continuano ad ostinarsi nella scelta della "vecchia" cartina
per girare il mondo, dichiarando irrinunciabile il piacere di orientarsi
in un viaggio usando il vecchio "lenzuolo di carta". I contemporanei,
smorzando tutti i sentimentalismi legati alla mappa cartacea, hanno da
tempo scelto soluzioni più tecnologiche per girare il mondo più o meno
vicino. In principio c'era l'ormai vecchio navigatore: TomTom, in
primis, e l'eterno follower Garmin hanno per anni dominato il mercato;
le case automobilistiche hanno spesso deciso di sviluppare internamente
il proprio navigatore, accollandosi costi di R&D sostanziosi. La
scelta dello sviluppo in house poteva avere senso fino a qualche tempo
fa, ma oggi appare del tutto anacronistica e scarsamente competitiva: i
trend dell'integrazione e dell'Internet of Things (IoT) hanno cambiato radicalmente le regole del gioco.
L'utente contemporaneo ha bisogno di dispositivi che si parlino
tra loro, di "vasi comunicanti" e non di "silos". L'utilità di un
navigatore che non parla con il proprio smartphone è pressoché nulla: da
questa constatazione nasce l'app di TomTom, declinata poi nella
versione Go. Nell'epoca in cui (quasi) tutti utilizzano Maps di Apple e
Google Maps per orientarsi, però, anche l'app di TomTom appare superata.
Ancor più obsoleta risulta la scelta di molte case automobilistiche
(anche premium) di offrire il proprio navigatore "proprietario" nelle
automobili: l'experience offerta al cliente è sub-ottimale, per non
definirla talvolta negativa. L'integrazione tra dispositivi oggi è un
valore: capita così che noleggiando un'automobile ti venga assegnata una
Suzuki e, una volta saliti in macchina, dopo aver connesso l'iPhone al
cavo dell'alimentazione, parta automaticamente CarPlay di Apple. Il
cliente vive davvero una Wow Experience: l'iPhone guida la navigazione
dell'auto, la propria rubrica è accessibile e si può chiamare senza
problemi, la propria musica può essere ascoltata immediatamente. In
questo modo un brand della fascia media del mercato, come Suzuki, offre
una customer experience migliore, ad esempio, di BMW. L'Internet of
Things offre opportunità enormi alle aziende automobilistiche che
dovrebbero abbandonare la propria visione autoreferenziale per
intraprendere la strada dell'integrazione, sfruttando le soluzioni
offerte da digital player come Google e Apple. Si tratta di una
trasformazione culturale, prima ancora che tecnologica, basata sulla
consapevolezza che altri player possano "mettere le mani" sulla
automobile prodotta da una specifica casa automobilistica. Non è un caso
che molte aziende abbiano dichiarato la volontà di integrarsi con
CarPlay, dopo aver verificato l'inadeguatezza dei navigatori sviluppati
in casa e la imperfetta experience offerta ai clienti. La strada è
tracciata, ma è ancora lunga ed è necessario che il concetto di
partnership prenda il posto dello sviluppo interno.
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