venerdì 16 settembre 2016

La battaglia dei navigatori: una concorrenza molto allargata

Il tempo delle mappe cartacee è ormai passato. Solo i nostalgici continuano ad ostinarsi nella scelta della "vecchia" cartina per girare il mondo, dichiarando irrinunciabile il piacere di orientarsi in un viaggio usando il vecchio "lenzuolo di carta". I contemporanei, smorzando tutti i sentimentalismi legati alla mappa cartacea, hanno da tempo scelto soluzioni più tecnologiche per girare il mondo più o meno vicino. In principio c'era l'ormai vecchio navigatore: TomTom, in primis, e l'eterno follower Garmin hanno per anni dominato il mercato; le case automobilistiche hanno spesso deciso di sviluppare internamente il proprio navigatore, accollandosi costi di R&D sostanziosi. La scelta dello sviluppo in house poteva avere senso fino a qualche tempo fa, ma oggi appare del tutto anacronistica e scarsamente competitiva: i trend dell'integrazione e dell'Internet of Things (IoT) hanno cambiato  radicalmente le regole del gioco.



L'utente contemporaneo ha bisogno di dispositivi che si parlino tra loro, di "vasi comunicanti" e non di "silos". L'utilità di un navigatore che non parla con il proprio smartphone è pressoché nulla: da questa constatazione nasce l'app di TomTom, declinata poi nella versione Go. Nell'epoca in cui (quasi) tutti utilizzano Maps di Apple e Google Maps per orientarsi, però, anche l'app di TomTom appare superata. Ancor più obsoleta risulta la scelta di molte case automobilistiche (anche premium) di offrire il proprio navigatore "proprietario" nelle automobili: l'experience offerta al cliente è sub-ottimale, per non definirla talvolta negativa. L'integrazione tra dispositivi oggi è un valore: capita così che noleggiando un'automobile ti venga assegnata una Suzuki e, una volta saliti in macchina, dopo aver connesso l'iPhone al cavo dell'alimentazione, parta automaticamente CarPlay di Apple. Il cliente vive davvero una Wow Experience: l'iPhone guida la navigazione dell'auto, la propria rubrica è accessibile e si può chiamare senza problemi, la propria musica può essere ascoltata immediatamente. In questo modo un brand della fascia media del mercato, come Suzuki, offre una customer experience migliore, ad esempio, di BMW. L'Internet of Things offre opportunità enormi alle aziende automobilistiche che dovrebbero abbandonare la propria visione autoreferenziale per intraprendere la strada dell'integrazione, sfruttando le soluzioni offerte da digital player come Google e Apple. Si tratta di una trasformazione culturale, prima ancora che tecnologica, basata sulla consapevolezza che altri player possano "mettere le mani" sulla automobile prodotta da una specifica casa automobilistica. Non è un caso che molte aziende abbiano dichiarato la volontà di integrarsi con CarPlay, dopo aver verificato l'inadeguatezza dei navigatori sviluppati in casa e la imperfetta experience offerta ai clienti. La strada è tracciata, ma è ancora lunga ed è necessario che il concetto di partnership prenda il posto dello sviluppo interno.

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